Il diritto alla propria opinione
Il diritto alla propria opinione

Avrete già sentito sicuramente l’espressione "ognuno ha diritto alla propria opinione". Forse l’avrete detta voi stessi, magari per bloccare una discussione o per portarla a conclusione.
Bene, mi dispiace dirvelo, ma questo non è nè valido nè corretto. Non avete diritto alla vostra opinione.
Avete diritto solo a ciò che potrete provare e dimostrare.

Ma, prima di offendervi, continuate a leggere e non partite per la tangente.

Il concetto è un po’ rude? Forse. Ma bisogna sapere come strutturare e difendere un ragionamento e, sopratutto, come saper riconoscere quando una convinzione è divenuta indifendibile e non più sostenibile.

Ovviamente non voglio sostenere che non si ha il diritto di esporre i propri pensieri e le proprie convinzioni, anzi!! Proprio tutto il contrario, ma in maniera corretta.

Il problema con la frase “ho diritto di avere la mia opinione” è che, fin troppo spesso, è utilizzata per difendere convinzioni che avrebbero dovuto essere abbandonate in precedenza a causa di una eccessiva pienezza di sè (boria), per mancanza di logicità o di informazione/approfondimento.
Tale frase è diventata un’abbreviazione per “io posso dire o pensare tutto quello che voglio” e, per estensione e deformazione iperbolica, continuare a contrastare, anche in maniera irriverente, chi confuta ciò che personalmente si afferma a prescindere che esso sia stato verificato come veritiero.
Questo modo di fare porta alla falsa equivalenza tra l'opinione degli esperti e quella dei non esperti, e in un discorso fatto in pubblico è una crescente e perniciosa caratteristica che va sfatata e approfondita.

Cominciamo dalle basi: cos’è un opinione?

Tocca sfoderare addirittura Platone, che già allora, nell'antica Grecia, distingueva tra "opinione" o "credenza comune" ("doxa") e "conoscenza certa" ("epistḗmē"), e questa è una distinzione ancora valida oggi.

L' ”opinione” ("doxa") parte da gusti o preferenze, attraversa domande che preoccupano la maggior parte della popolazione, come l’economia o la politica, sino ad argomenti che poggiano sull’esperienza tecnica, come le opinioni scientifiche o legali.
Diversamente da “1+1=2 ” e “non ci sono cerchi quadrati”, un’opinione possiede un certo grado di soggettività e di incertezza.

La "conoscenza certa" ("epistème") rappresenta la forma di conoscenza che assicura un sapere vero e universale e che è stato dimostrato essere vero. Si tratta infatti di un sapere interiorizzato, non trasmissibile a parole che si manifesta in valutazioni con cognizione di causa, si tratta quindi di una opinione dovuta allo studio, all'esperienza e al ragionamento rigoroso, verificabile e attendibile.

Non si possono realmente discutere le opinioni del primo tipo. Sarebbe stupido affermare che "si sbaglia a credere che il gelato alla fragola è più buono di quello al cioccolato".
Il problema è che, qualche volta implicitamente, consideriamo che le opinioni del secondo tipo siano discutibili e opinabili nella stessa maniera dei gusti personali. Probabilmente questo è uno dei motivi (e non dubito che ce ne siano anche altri) per cui degli entusiastici dilettanti ritengono di aver titolo a non essere d’accordo con climatologi e immunologi e che i propri punti di vista debbano essere “rispettati”.

Tutti hanno il diritto di commentare sull’energia nucleare nonostante non siano fisici nucleari, tutti hanno hanno il diritto di commentare sulle vaccinazioni nonostante no siano epidemiologi.
Quando, però, non si è un’autorità sulla Fisica nucleare (o sull' Immunologia, etc...), il proprio compito è commentare sulle "politiche di applicazione della scienza", non sulla "scienza in sé stessa" opinando sui fondamenti e il relativo sapere già opportunamente dimostrato essere vero in altre sedi professionali.
Poichè non si è specializzati nella materia specifica semplicemente non si hanno le conoscenze necessarie per mettere in discussione le teorie specifiche nè per analizzare la correttezza di ciò che si dice. sarebbe buona norma ammettre la propria ignoranza in merito ed informarsi a dovere prima di prendere posizioni monolitiche e irremovibili.

Quindi, cosa vuol dire avere “diritto” alla propria opinione?

Se “Tutti hanno diritto ad avere la propria opinione” significa esclusivamente che NESSUNO HA IL DIRITTO DI VIETARE ALLA GENTE DI PENSARE E DI DIRE QUELLO CHE PENSANO, allora la frase è vera, seppure abbastanza banale. Nessuno può vietarti di dire che i vaccini causano l’autismo, indipendentemente da quante volte questa supposizione sia stata smentita e dimostrata falsa.

Ma se “diritto ad un’opinione” significa “avere il diritto che i propri punti di vista siano trattati come seri candidati alla verità” allora la frase è palesemente falsa.
E anche questa è una distinzione che tende a essere confusa.

Molte volte le risposte date in una discussione possono confondere il fatto che "la propria opinione non venga presa seriamente" con il "non aver diritto di avere o di esprimere quelle opinioni" o confonde il "perdere una discussione" con il "perdere il diritto di discutere”. Ancora una volta, due significati di “diritto ad avere un’opinione" vengono confusi.

Quindi, la prossima volta che sentite qualcuno dichiarare di "aver diritto alla propria opinione", chiedete perché ritiene che sia così. Ci sono buone possibilità che, se non altro, così facendo, finirete con avere un discorso un po' più piacevole.

Liberamente ispirato dall'articolo di Patrick Stokes -
Senior Lecturer in Philosophy, Deakin University (Australia): https://theconversation.com/no-youre-not-entitled-to-your-opinion-9978

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